Assegno Divorzile: Quantum
La prima valutazione che il giudice è chiamato a fare riguarda l'an e ruota attorno all'inadeguatezza dei mezzi, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali e altre utilità di cui si dispone il coniuge richiedente (Cass. Civ. 15.01.1998 n. 317) e all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Laddove tale valutazione dia esito positivo (inteso nel senso su esposto, e cioè lasci presumere che il coniuge istante non possa assicurare a sé un tenore di vita dignitoso), il giudice deve procedere a determinare il quantum, dell’assegno divorzile, prendendo a riferimento i criteri indicati dal legislatore e cioè "le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio".
Altro aspetto da valutare è quello relativo alla disponibilità dell'assegno divorzile.
L'ipotesi classica che si verifica con una certa costanza riguarda il caso in cui i coniugi, con un accordo ad hoc, decidano di regolare il regime giuridico - economico del futuro ed eventuale divorzio.
È opportuno ripercorre la posizione della giurisprudenza antecedentemente alla novella del 1987.
Dapprima, proprio basandosi sulla natura composita dell'assegno divorzile, le Corti di merito e di legittimità riconoscevano la disponibilità del diritto di credito insito nell'assegno divorzile, almeno nei casi in cui la funzione di tale assegno fosse risarcitoria o compensativa (Cass. Civ. 18.05.1983 n. 3427; Cass. Civ. 03.07.1980 n. 4223).
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